La pittura di Renzo
Verdone si collega alla tradizione
del "bello estetico" di ordine classicistico, avendo l’artista
espresso la convinzione che il suo "saper fare" non va slegato
dal rigore, che si è andato perdendo, delle tecniche del passato
e dai linguaggi che si sono succeduti nel tempo. E questo perché il
rispetto della tradizione per Verdone passa attraverso la rivitalizzazione
non solo delle forme acquisite dalla storia dell’arte, ma anche
dell’immaginario collettivo moderno che le ha aperte al movimento,
all’infinità spaziale e luminosa, secondo quei linguaggi
che hanno accompagnato gli artisti nel cammino verso il continuo presente.
AI contrario degli anacronisti bloccati alla ricerca della «cosa
in sé» fuori del tempo, Renzo Verdone ha invece affrontato
il percorso linguistico dei tempi, portando le sue forme - come è stato
detto per quelle dei neo manieristi - ad «essere assolutamente
moderne a costo di sacrificare qualunque modernismo». Il sacrificio
riguarda le tipologie nominali del futurismo, surrealismo e astrattismo,
ma non l’idea del movimento plurispaziale, le campiture bidimensionali
e astratte, gli automatismi in grado di liberare le ossessioni inconsce,
mitigando il bello platoniano ed estetizzante.
Luigi Tallarico
La violenza drammatica
delle sue figure raccontava la disperazione e la rabbia di una generazione.
Quegli occhi sperduti, stanchi e vuoti. E poi quelle mani, quelle terribili
mani nodose che erano parte essenziale nei suoi dipinti. La sua pittura,
scavando nell'animo ci rivelava quello che inconsciamente ci nascondevamo:
I'infinita sete di luce.
Leo Valeriano
Pittore estremamente
drammatico, con tanta autorità e meriti tenacemente acquisiti,
è entrato nel contesto dell'Arte Contemporanea. Robusto, penetrante,
vivo, valido e interessante, realizzato sotto l'intima spinta dei sentimenti
che predominano e lo guidano con fantasia realistica ed umana.
Gino Vlahovich
Le parentele della sua arte vanno certamente cercate in un certo tipo
di espressionismo addolcito, vorremmo dire latineggiante. Egli crea il
suo mondo frammento per frammento con l'unico denominatore di una tecnica
raffinatissima, di una grande abilità di disegno e, soprattutto,
con una seria e profonda ricerca compositiva.
Toni Bonavita
Egli è capace di abbandoni poetici ed umani. Depositario di sentimenti
e di slanci, avverte le nefandezze che si perpetrano in nome dei falsi
ideali e si produce nel tentativo di smascherare gli idoli di gesso, di
demolire i totem secolari praticando un esercizio rischioso ed ingrato:
la trasmutazione dei sentimenti e delle speranze.
Alberto Scotti
Questa pittura, nata con un carattere di robuste aderenze coloristiche,
è una lezione di stile; ha tocchi precisi nel disegno e nella tecnica.
Verdone possiede il senso della vocazione dei soggetti.
Claudio Capuano
Ad una osservazione accorta si nota come la personalità dell'artista
si immedesimi nell'immagine e nel personaggio quasi a scrutare interiormente
gli animi e le emozioni. Sfugge nella realtà dalla futile critica
benevola e dall'effimera acquisizione di consensi, perché della
pittura intende il valore assoluto.
Benito Corradini
Nella sua fucina creativa, le immagini delle sue opere mi hanno trasportato
in un mondo che avevo da tempo dimenticato, un mondo contrario ad ogni
tipo di compromesso, un mondo in cui la nostra coesistenza non è
altro che un problema d' amore e di fede, dove si cercano solo risposte.
Fattino Tedeschi
Si può cogliere una espressione ricorrente di dolore, chiuso in
una grande fierezza simile, nel suo chieder nulla, all'umiltà.
Questo dolore ha la sola umiltà di esprimersi, nel volersi in qualche
modo comunicare, ma senza la richiesta esplicita della compassione, paragonabile
forse alla meravigliosa fierezza-umiltà di certe razze dell'Asia.
Gianna Sarra
Descritti con tratti masacceschi ed ardite prospettive, i personaggi rivelano
una sofferenza che è più cosmica che individuale. E, quando
la sofferenza è individuale, pare quasi che abbia parossismi divini.
Nel vero Verdone, I'attuale, la tematica è più articolata,
gli arditismi prospettici ricordano Mantegna. Quella che il Maestro usa
al visitatore è violenza, una violenza non generatrice di mostri
ma di coscienza di sé.
Lucio Salvi
La vicenda dell'uomo con la sua forza interiore e la sua esistenziale
realtà, è cosa che subito si avverte nei saldi dipinti dell'artista.
Dove l'umana presenza è sentita in aspetti di poderosa strutturazione
morfologica, di vitale intensità e di travolgente carica interiore.
Il suo perentorio impegno è teso a far si che i sentimenti che
animano le sue opere, l'impulso emotivo che per intero le permea e quella
viva, ardente volontà non abbiano a spegnersi. Così per
la spirituale tensione che alimenta codesto esasperato volere e per la
cruda verità che affronta, le figure, i nudi di Verdone paiono
intagliati nella scabra durezza della selce sino ad immobilizzarsi nella
ferma monumentalità del simbolo. E ad un tempo, il colore carnale
di quelle forme pare dare vibrazioni d'esistenza e palpiti di vita. Nei
temi trattati è facile cogliere richiami di classica ascendenza
da cui derivano lo stile dell'artista ed un gusto che quella nobiltà
rinnova ed avvia nei modi della "Nuova Figurazione"
Vittorio Scorza
La sua arte è grande: un linguaggio pittorico forte, vigoroso,
sorretto da un travaglio poetico ed espressivo che ha i toni della classicità.
Temi pittorici che disvelano una potenza di scavo. C'è anche, dove
è presente l'Eros sensuale, il presentimento del dolore, della
morte, di Dio. Arte dura a sfondo reale. Con questo Maestro introverso,
pensatore e poeta, con quest'arte matura e raffinata si è sul piano
dei valori.
Mario Vitale
Il fascino di queste opere non risiede in particolare in quanto descritto,
ma, piuttosto, in "come" lo strumento pittorico divenga veicolo,
attraverso le tonalità diffuse del colore, d'una poesia crepuscolare,
talora venata di malinconia e rimpianto.
Francesco Scialfa
Le immagini?metafora dell'attesa,
della solitudine del sogno, del ricordo, costituiscono le tematiche ricorrenti
della pittura di Renzo Verdone. Sono immagini liriche di tale raffinatezza
da riuscire a smaterializzare la sensorialità dell'oggetto che
perde le sue caratteristiche empiriche ed appare sublimato, trasferito
sul piano dell'idea, del concetto, di una essenziale generalità..
Giuliana Pellegrino
Rappresenta l'altra reaLtà, la realtà del sogno, quella
che, più della memoria del giorno, lascia tracce indelebili nella
memoria dell'inconscio. Egli, tornando al passato attraverso le molteplici
stratificazioni, ci trasferisce, da irresistibile incantatore qual è,
il suo stupore, il suo mascherato smarrimento, per spingerci oltre il
limite della sua esperienza individuale.
Rosario Di Natale
La semplicità e la pulizia esecutiva rinviano ad una organicità
naturale come esigenza di raccordo con una ancestralità mitica.
Il bulbo, la metafisica, portano l'operazione artistica alla essenzialità
della comunicazione. Attraverso di essa viene recuperata la bellezza del
fare arte.
Luciano Marziano
Una fortissima carica d'effetto tragico, una validissima testimonianza
del nostro tempo. Nell'arte di Verdone ritroviamo immediatamente i nostri
medesimi sentimenti di angoscia, di solitudine, di cinismo, che dominano
quest'epoca di freddezza, di indifferenza e quindi di amarezza. È
una pittura che scava nell'animo, che ci colpisce per la sua intensità
e che, nella sua scarna trasposizione moderna, ci ha richiamato alla mente
i drammatici nudi del "Giudizio" di Luca Signorelli.
Barbara Scaramucci
La violenza dei chiaroscuri, I'anatomia dolente, la sensualità
dell'Eros, sono l'ombra intensa, I'alter ego ispiratore di Renzo Verdone.
Artista che vuole raccontare la tragica ambiguità di una generazione
coinvolta nella rabbia di un presente vuoto per la mancanza di una spiritualità,
di una fede, di una forza interiore. Un'atmosfera carica di simboli, in
un mondo alla deriva dei sensi, che invano cerca appello e salvezza alla
umana forza dello spirito. Al limite estremo di una dolente realtà,
in cui l'essere umano tende lo sguardo come accecato, smarrito e sofferente,
fino a scavare nei corpi l'oscura tensione dell'Eros sensuale in contrasto
con una perduta felicità interiore .
Arturo Bovi
La ricerca pittorica e grafica di Renzo Verdone è questa ostinata
irriducibile sfida all'impossibilità di dare alle immagini, soprattutto
della memoria, una dimensione di assoluta soggettività, quasi che
ciò consentisse di superare l'oscura barriera della morte, questa
presenza che scava il segno e gli dà una strana, fredda luce. Certo
c'è una lunga linea di arte che dal secondo ottocento fino verso
gli anni trenta ha operato in questa area, ha creato questa atmosfera
simbolo di un mondo alla deriva dei sensi e che invano cercava salvezza
e solidità di una specie di eroico appello alla memoria della classicità,
di quelle carni scultoree: in realtà erano soltanto fantasmi inghiottiti
dall'ombra, simulacri di un cimitero senza più confini. Oggi qualcosa
è mutato, perduta è l'illusione di viverlo ancora, la memoria
non ristabilisce i legami con una vita che continua, il futuro non è
che questo presente senza passato, sospeso in un nulla consegnato definitivamente
al morire. Come in uno specchio, le immagini ci inseguono o ci precedono,
ci coinvolgono in questo percorso senza uscita nella apparente lusinga
di una loro assoluta certezza, scansione di luce e di ombra, di scarnificata
sostanza, di sentimento ed emozione che hanno varcato la soglia del sublime,
se non con la vita o nella vita, in questa loro morte alla storia. Non
più esistenze consumate nel loro quotidiano essere carne e sangue
ma presenze rese, proprio là in questo limite estremo che hanno
toccato, come inamovibili e fisse, valori e dei di una misteriosa religione.
Cosė Verdone, in questa sua impeccabile precisione, ornata da visioni
e presentimenti, semplifica soprattutto nei disegni ultimi la realtà
della sua pittura, si emancipa dal simbolismo che impediva l'affondo nelle
dimensioni dell'inconscio e tratteneva una più compiuta coscienza
delle motivazioni sotterranee e trova forza in questo silenzioso dialogo
con una situazione interiore che il segno e la pittura devono trasformare
in immagini. Immagini, cioè immediate, precise, nitide da comunicare
il significato di questa lotta al limite col nulla sino a mettere allo
scoperto una autentica possibilità. Che non sia soltanto ritornante
illusione, nelle oscure tensioni dei nervi, nelle febbri che gonfiano
il sangue, nel sogno che annulla i confini di una falsa realtà,
nel gesto, in questo abbraccio che il tempo inghiotte ma che il nulla
rende assoluto, in quel tratto che scompare, che non è più
raggiungibile e rende insormontabile la distanza tra le labbra protese
nel bacio, tra i volti e la mano isolati, gli uni e l'altra da questo
tratteggio fittissimo che si chiude in ombra divorante di tutto ciò
che non è volto o mano. E nel vuoto che non consente di ritrovare
il corpo, in questa vastità di assoluta e glaciale solitudine,
il mistero di questo desiderio, di questo amore che ha dato inizio al
gesto poi interrotto e che oltre il tempo sarà possibile ritrovare
realizzato. Ho descritto soltanto alcuni suoi quadri? O questa macerazione
di un accadere come fermato a rendere certa per tutti la tragedia di questa
umana separazione tra ciò che siamo e la vita, tra ciò che
siamo noi e l'altro, tra le smagliature dei sensi, le incongruenze dei
pensieri, le ambiguità delle immagini, i turbamenti dei sogni,
le paure, i vuoti, i silenzi, le ombre improvvise che cadono e cancellano
tutto, e la volontà di realizzare, magari un piccolo mondo, della
grandezza di un foglio di album o di tela e dire questo qui è,
e attraverso di lui anch'io sono, questo tratto leggero, questa linea,
questo spazio bianco, questo segno scavato, questo punto. Basta un punto
a fermare l'inesorabile trionfo della morte e segnare l'apparizione dell'essere.
E' un modo questo di tradurre il simbolismo nel problema che cercava di
risolvere, di ritrovare la dimensione non decadente del senso della morte,
di compiere il passo verso la vita, mediante il quale la pittura trova
una sua funzione; una sua attualità, una sua realtà in questa
consumazione di noi nei giorni che vengono.
Elio Mercuri
Dolore, morte, Dio (o verità che è identica cosa), ansia
nella conduzione della ricerca: questi i temi, gli stati d'animo di una
pittura peraltro molto bella. Immerso nel magma spesso inconoscibile dell'esistenza,
vuole indagare le forme, le fasi evolutive, i possibili accadimenti, le
eventualità di soluzione. E' tutto un fluire di pensieri. Un discorso
aperto insomma, in cui tutto è dialettica; tutto è ricerca,
tutto è sempre, e comunque, da dire. Questa del resto la vera forma
di un artista: ricercare. In divenire quest'opera. Il risultato di grande,
eccellente maturità della forma, si imbatte nell'indagine di fondo,
quella umana in fase evolutiva con tutte le sue anfrattuosità e
discrepanze. Un divenire che ha dei punti di forza notevolissimi (le situazioni
colte), concentrati appunto in una robusta tecnica pittorica con soluzioni
figurali molto ben risolte, tutte d'estrema efficacia rappresentativa,
dalla cromia illividita, la figura asciutta. Aspetti di un discorso in
ansiosa attesa di una possibile, virtuale soluzione al quesito. La forma
ne sorte stravolta. La forma è un modulo, un archetipo; sempre
identica a sé, diviene quasi oggetto, anche se carico di dolenza.
Varia la composizione e la positura dell'immagine, varia il titolo, il
senso, ma la figura permane quale immutabile simbolo. "Sono ossessionato
dall'apparenza" dice l'artista e stravolge l'apparenza per mettere
a fuoco la realtà che ne è al di dentro; risucchia dalla
consuetudine, estrapola dal quotidiano per mettere in evidenza la verità
obnubilata e confusa dalle circostanze. Moduli e segni dunque, unicamente
di Verdone, per esemplare una tesi, esporre un dilemma, significare uno
status o condizione umana in profondità indagata. Interessante
ricerca e sensibilissima. Notevole l'impostazione del quadro nella suddivisione
a scomparti, a spazi geometricamente definiti con la figura inserita in
una scansione precisa. Rigorosità di impaginazione ed indiscussa
qualità pittorica. Un quadro che è sintesi di forma e compendio
di pensieri; un'immagine che ferma l'avvenimento, il fatto, offrendone
nel contempo la verifica. E' inquietudine vibratile, ansiosa.
Clotilde Paternostro
"La Vita e il Sogno sono pagine di uno stesso libro" dice Schopenhauer
nel "Die Welt". Il grande romantico tedesco prosegue: "La
lettura continuata si chiama vita reale. Ma quando l'ora abituale della
lettura (il giorno) viene a finire e giunge l'ora del riposo, allora spesso
seguitiamo ancora, fiaccamente senza ordine e connessione, a sfogliare,
qua e là qualche pagina: spesso è una pagina già
letta, spesso un'altra ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro".
L'incertezza della discriminazione tra il sogno e la veglia l'aveva affermata,
nel "Theathetus ", già Platone quando diceva "...e
quando in sogno crediamo di raccontare un sogno, la somiglianza delle
sensazioni nel sogno e nella veglia è addirittura meravigliosa
". Shakespeare nella "Tempesta " rivela: "Noi siamo
della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e la nostra breve vita
è racchiusa in un sonno ". La pittura di Renzo Verdone è
il manifestarsi tenero e sublime della scena di un evento onirico, rappresentato
in termini di assoluta e presente obiettività. I modi precedenti
del pittore che, attraverso una cupa e complessa simbologia affermava
una sua diretta e partecipe aderenza alla situazione descritta, si sono
evoluti nella direzione della limpida esaltazione di quella "coscienza
della sicurezza e della neutralità " di cui parla, "The
Sense of Beauty " il Santayana quando si riferisce a "quell'emozione
di distacco e di liberazione nella quale consiste realmente il Sublime".
Sublime è, in Verdone, l'impiego di una tematica "alta"
che tocca, in modo quasi religioso, il dubbio sulla liceità del
comportamento umano e, in particolare femminile, che antepone o mescola
al vero la maschera. Il sublime dello spirito era, secondo Schiller, l'oggetto
della rappresentazione del nostro limite, "nello stesso tempo in
cui la nostra natura pensante sente la propria superiorità ed elevazione
morale". Il sublime è sede del contrasto tra finito e infinito,
risiede sicuramente in quel contrasto. Pensiamo a Hegel, quando nella
"Estetica" dice che il sublime è il tentativo di esprimere
l'infinito senza trovare nel regno delle apparenze un oggetto che si presti
a questa rappresentazione. A lungo Verdone ha cercato nell'esercizio della
sua pittura temi e modi che, nel complicarsi di segreti intrecci psicologici
interiori, dipanassero quell'oscuro a lui nodo dell'essere, o dell'io
al quale era indissolubilmente legato, per vocazione dell'artista e per
una esasperata individualità. Nei dipinti degli anni precedenti,
l'artista sembrava ubbidire all'impulso di rappresentare in modi obiettivamente
analitici, passioni forse talora sgradevoli e penose, marcando su uno
stile empaticamente espressionista, e in qualche modo emotivamente coinvolto.
Nell'ultimo periodo invece, Verdone, che si sente liberato dal pericolo
di un reale naufragio dell'essere, ritrova nella espressione di un limpido,
terso e quasi metafisico sublime delle immagini il senso di una elevata
proposta eidetica che, anche quando raggiunge i vertici del dilettoso
decorativo, si affaccia a pieno diritto nell'universo dell'arte metaforica
e simbolica. Il simbolo è, in questo senso, la catarsi della stessa
dualità di contrasto all'origine del sublime rappresentato. E'
premessa e investimento della rivelazione. E la rivelazione giunge sul
disteso intrico dei sentimenti e sull'ambigua ansia troppo a lungo trattenuta,
come l'evento stesso ora illuminato a giorno, dipanato, espanso ed esplicato.
La gelida bellezza degli attuali dipinti del Maestro illumina di una luce
senza tempo, ma di una luce interiore, la commedia umana di cui l'artista
si fa non più accorato partecipe, ma illuminato spettatore. Il
sublime dei suoi quadri diviene, in questo senso contemplazione, o estasi
del sublime, plotiniamente intesa. "Questa non è più
una visione, scriveva il filosofo medioevale, ma un modo diverso di vedere:
estasi e semplificazioni e dedizione di se stesso e desiderio di contatto
e comprensione di congiunzione". Nella filosofia dei mistici, ripresa
in qualche modo da Heidegger, l'estasi è la fase ultraintellettuale
dell'ascesa mistica verso Dio, per una trasformazione dell'intelligenza,
quell' "excelsus mentis" che è considerato il supremo
grado della contemplazione. Ascesa dunque è anche alienazione,
uscita della mente da se stessa per elevarsi, nell'estasi, al di sopra
di sé fino alla fonte del sapere e dell'amore superintellettuale.
Dio è, nel pittore Verdone, la verità. E' la luce e l'obiettività
dei suoi quadri recenti, l'alto contenuto intellettuale raggiunto, dentro
e al di là della primitiva emozione. E' anche, in questi quadri,
una sorta di sublime astrazione. E' la metafisica sospensione del tempo
presente, per "esser fuori" dalle tre dimensioni del tempo vissuto.
Il presente va verso il passato. Il presente va verso il futuro; il futuro
va verso il presente. Il temporale diventa atemporale. Dice Heidegger:
avvenire, passato e presente sono le estasi della temporalità.
Sono il tempo fuori dal tempo nella luminosa contemplazione dei quadri
di Renzo Verdone.
Sandra Giannattasio
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